sabato 30 aprile 2011

Viva il profitto!


Non si tratta solo di avere più tempo, sia chiaro. C’è un altro aspetto fondamentale del lavoro che mi dà estremamente fastidio. Il fatto di contribuire alla crescita di un sistema disumano e consumistico.

Le varie aziende hanno tutte un bellissimo “credo aziendale”, un motto, una “filosofia aziendale”, che cercano di inculcare ai dipendenti in modo che si sentano parte di una grande famiglia e siano disponibili a sacrificarsi per lei. Questo vale soprattutto per le grandi multinazionali ma immagino che nelle ditte medio-piccole non sia molto diverso. Beh, io non riesco a sentirmi parte di una famiglia aziendale. Semmai mi posso sentire uno schiavetto dell’azienda. Devo lavorare perché il profitto aumenti sempre più, devo impegnarmi, devo mettere in gioco le mie capacità, la mia creatività, la mia intelligenza, per aiutare l’azienda a guadagnare sempre di più. A me personalmente ne viene in tasca poco, in 10 anni il mio stipendio non ha mai visto un aumento (esclusi gli scatti di anzianità e gli aumenti contrattuali). Non sono certo stata la dipendente modello, non mi sono spremuta come un limone per loro, per cui non potevo aspettarmi chissà che promozioni, e in fondo mi sta bene così. Ma mi sento ugualmente parte di questo sistema e la cosa mi irrita. Ogni volta che mi parlano di “mission” e di “vision” mi piacerebbe tanto rispondere: “sarà la tua, di missione, ma non certo la mia!”.

Per non parlare della questione “prodotto”. Ovvio, l’azienda per fare profitti deve vendere. Vendere sempre più. Significa che deve alimentare il mercato con sempre nuove idee, nuovi oggetti. Nel mio campo per di più si tratta di beni durevoli, che la gente si tiene per svariati anni, per cui per spingere le persone ad acquistare ancora i nostri prodotti bisogna far leva su differenze anche minime, migliorie magari inutili. E la gente ci casca! Invece di tenersi il cellulare / la macchina / il computer / quellochevolete fino a che non si rompe, vede il nuovo modello, più potente, con più funzioni, con colori nuovi, e lo vuole. Non importa se non userà mai tre quarti di quelle funzioni, o se il vecchio modello era ancora perfettamente funzionante. Vuole quello nuovo.
Ecco, questo io lo trovo criminale. Non sopporto di contribuire ad aumentare lo spreco e i rifiuti sul nostro pianeta, mi innervosisce il pensiero di aiutare a creare nuovi bisogni, fasulli e indotti, nelle persone. Odio parole come “mercato”, “marketing”, “prodotto”, “target”, “consumatori”, “competitor” e via markettizando. Odio la logica del profitto.

Non sto demonizzando il progresso. È giusto che si faccia ricerca e si migliorino gli oggetti esistenti o si inventino nuove tecnologie. Io sto parlando di inutilità assolute, che purtroppo sono la maggior parte degli acquisti che la gente fa. È questo che mi dà veramente fastidio.
Vorrei lavorare per un mondo migliore, vorrei sentire che il mio impegno, il mio tempo, viene sacrificato per qualcosa che vale. E vorrei lavorare in un posto dove non essere semplicemente un numero, o una mente da plagiare. Un posto con umanità, dove i bisogni veri delle persone, dei clienti ma anche dei colleghi e dipendenti, siano prioritari. Ce ne sono ancora in giro?

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